Ebrei e cristiani: il mito di una tradizione comune

Jacob Neusner, Ebrei e cristiani. Il mito di una tradizione comune, trad. it. di M.L. Sgargetta, San Paolo, Cinisello Balsamo 2009, 216 pp. (or. Jews and Christians: The Myth of a Common Tradition, SCM Press, London – Trinty Press International, Philadelphia 1991).

Jacob Neusner, autore di oltre 900 pubblicazioni scientifiche, è sicuramente tra i massimi conoscitori a livello internazionale di storia del giudaismo rabbinico.

In questo volume – apparso per la prima volta nel 1991, e in forma riveduta e ampliata nel 2001 – lo studioso propone una tesi apparentemente spiazzante e provocatoria, secondo la quale ebraismo e cristianesimo, da un punto di vista storico e dottrinale, dovrebbero essere concepiti come sistemi religiosi totalmente autonomi e indipendenti: di conseguenza, non si dovrebbe nemmeno parlare di un primato cronologico o “genetico” dell’ebraismo nei confronti del cristianesimo, perché i due sistemi, almeno nella loro fase formativa (II-IV secolo), sarebbero composti da «persone diverse, che parlano di cose diverse, rivolgendosi a persone diverse».

Per “ebraismo”, naturalmente, Neusner intende quello che si forma a partire dal II secolo, attraverso il richiamo alla Torah orale (cristallizzatasi nel corpus della Mishnah, e successivamente dei due Talmudim): un ebraismo le cui caratteristiche non possono essere confuse con quelle del giudaismo precedente al I secolo. Il “mito” da sfatare, pertanto, non riguarda la comune origine dei due sistemi religiosi, che resta evidentemente innegabile, bensì l’idea ch’essi condividano, o abbiano condiviso, una “comune tradizione”: ovvero un comune modo d’intendere e di definire i propri confini sociali e ideologici, un comune insieme di dottrine o di pratiche, un comune corpus di testi e un comune approccio ermeneutico ad essi.

Su queste basi, la constatazione di una differenza fra “ebraismo” e “cristianesimo” (pur con tutte le loro varianti interne) diventa difficilmente contestabile, e invita a un radicale ripensamento delle implicazioni teologiche sottese ai vari tentativi di riconciliazione “politica”, sorti in età contemporanea, nel quadro del dialogo interreligioso suscitato con particolare urgenza dalla Shoah.

«Per molto tempo – spiega Neusner – gli ebrei hanno esaltato Gesù come un rabbino, come un ebreo in tutto simile a loro; per la fede cristiana in Gesù Cristo, tuttavia, quest’affermazione è assolutamente irrilevante. I cristiani, d’altra parte, hanno ammirato l’ebraismo come la religione da cui è venuto Gesù; e anche questo, per un ebreo, è difficilmente un vero complimento. Io preferisco sottolineare le scelte diverse che sia l’ebraismo che il cristianesimo compiono davanti alle Scritture. I cristiani capiranno meglio il cristianesimo se saranno consapevoli delle scelte che hanno compiuto, e lo stesso varrà anche per gli ebrei, rispetto all’ebraismo».