In medio gurgite

Una breve riflessione sulle periferie ecclesiali.

Per quanto apprezzi il paradosso chestertoniano per cui la chiesa cattolica finirà per proclamare come dogma anche il fatto che 2 + 2 = 4, per me è evidente che 2 + 2 = 4 non solo non potrebbe, ma non dovrebbe mai diventare un dogma – pena la riduzione e lo svuotamento stesso del concetto di dogma. Il paradosso di Chesterton funziona per difendere la “ragione” (una certa idea di ragione), ma la difesa di questa ragione, nell’orizzonte classico del cattolicesimo, fa parte dei cosiddetti preamboli della fede, non della fede stessa.

Quel che mi pare all’opera nel tradizionalismo cattolico di oggi, con tutti i rischi del caso, è allora un affanno di questo tipo: i suoi patrocinatori vorrebbero una mappa della fede talmente ampia da poter contenere l’intero territorio dell’umano, una sorta di mappa in scala 1:1. Ma una mappa non può coincidere con il territorio: questo è un sogno moderno, ed è anche per questo che mi ostino a pensare che il tradizionalismo non sia nient’altro che un epifenomeno del modernismo.

Andando al fondo della questione, io avverto un abisso incolmabile tra l’idea di “tradizione” che si riscontra in un Ireneo di Lione e quella che si trova in un Bonald o in De Maistre. E la querelle tra modernisti e tradizionalisti mi ricorda sempre più l’alternativa tra il “gettare il bambino assieme all’acqua sporca” e il “conservare il bambino assieme all’acqua sporca”. In definitiva, mi pare che il dilemma riguardi soltanto l’acqua (ecco la modernità liquida), e non il bambino (ecco la solidità dell’Incarnazione).