Fervore di Buenosayres

Chissà, magari non è un caso che il primo pontefice non europeo – o meglio, non mediterraneo – della storia provenga da una città che si chiamava alle origini Ciudad del Espíritu Santo y Puerto Santa María del Buen Ayre. Diventata metropoli, questa città ha anche dato il suo nome all’eroe eponimo di un magmatico (e illeggibile) romanzo, Adán Buenosayres (1948) di Leopoldo Marechal, che risulta proprio tra gli autori preferiti del nuovo papa.

Come sappiamo, tra le critiche che sono state mosse a Bergoglio in questi primi giorni di pontificato, ce n’è una che riguarda la sua presunta insensibilità al bello. Qualcuno – con un po’ di precipitazione e con molta irriverenza – lo ha persino definito un “esteta del brutto”. Ma forse papa Francesco, come il protagonista del romanzo di Marechal, è soltanto consapevole dei limiti della poiesis umana, che presa da sola non può mai salvare:

ADÁN – Schultze, provi a immaginare un roseto sul punto sul punto di schiudere una rosa nell’istante preciso in cui la tromba dell’angelo annunci la fine del mondo. Si fermerebbe?
SCHULTZE – (Impressionato) Credo di no.
ADÁN – È così il poeta! […]
PEREDA – Baudelaire condivideva questo stesso smisurato concetto. Dio, diceva, non riserva forse al poeta un posto fra i suoi angeli?
ADÁN – (Cupo) Non ci metterei la mano sul fuoco.
PEREDA – Ma se poco fa dicevi…
ADÁN – Mi riferivo a un’altra cosa. Il poeta è imitatore del Verbo secondo l’ordine della Creazione, non secondo l’ordine della Redenzione…

(Leopoldo Marechal, Adán Buenosayres, Libro IV, Capitolo 1, trad. it. a cura di N. Jacchia, Vallecchi, Firenze 2010, pp. 296-297)

Ecco perché, all’abusata citazione di Dostoevskij per cui la “bellezza salverà il mondo”, sarebbe sempre opportuno replicare con una domanda: Quale bellezza, di grazia?