L’alfabeto scende dalle stelle

Giuseppe Sermonti, L’alfabeto scende dalle stelle. Sull’origine della scrittura, Mimesis, Milano 2009, 150 pp. 

Giuseppe Sermonti ha insegnato Genetica a Palermo e Perugia, è un antidarwiniano convinto, ma non è affatto un “bigotto”: e oltretutto scrive benissimo (anche se in questo caso avrebbe avuto bisogno di un editor migliore). Questo suo nuovo libro si presenta come un divertissement, malgrado affronti un tema serissimo. Anzi, due temi: l’osservazione antica degli astri e le origini della scrittura.

Sermonti parte dai silenzi della luna (di virgiliana memoria), ne segue il percorso fra le stelle, e lo cala in mezzo ai primi alfabeti. Fin qui, nulla di nuovo sotto il sole: la tesi risale ad Agrippa di Nettesheim e ai maghi del Rinascimento. La novità consiste nello spunto iniziale, che l’autore ricava da Le forme viventi (1965), il capolavoro del biologo Adolf Portmann: come gli uccelli migratori si orienterebbero da sempre seguendo le stelle, perché avrebbero una percezione innata del firmamento, così navigatori e nomadi, sfruttando la regione del cervello umano deputata al riconoscimento delle forme, dapprima avrebbero osservato le stelle, e poi le avrebbero tradotte in lettere.

L’alfabeto come primo calendario, e poi come glossario: quello greco, ad esempio, ricalcherebbe nella prima metà le stazioni zodiacali della luna, e nella seconda metà le costellazioni ordinate sulla Via Lattea. Si affaccia così l’ennesima variante di un dilemma eterno: è nata prima la lettura o la scrittura? La frase più bella del libro, a pagina 23, fornisce una chiave per la possibile soluzione: «Le origini altro non sono che momenti arbitrari, di rottura, piuttosto conclusivi che iniziali».