I cristiani nascosti del Giappone

Géraldine Antille, Les chrétiens cachés du Japon. Traduction et commentaire des “Commencements du Ciel et de la Terre”, Labor et Fides, Genève 2007, 112 pp.

Pochi sanno che Hiroshima e Nagasaki, le due città colpite dall’atomica alla fine della seconda guerra mondiale, erano allora i principali centri del cattolicesimo nipponico. Oggi, nel paese del Sol Levante, i cattolici sono circa 400.000. La loro storia, spesso crudelmente travagliata, rimane avvolta nel mistero per lunghi periodi. Le informazioni, in particolare, scarseggiano per quanto riguarda il periodo che va dalle persecuzioni dei secoli XVI e XVII, con l’espulsione dei missionari cattolici e la proibizione di professare la fede cristiana, sino alla fine dell’interdetto, nel 1873. Le prime missioni cattoliche, appoggiate ai traffici commerciali dei portoghesi, giunsero in Giappone tra il 1540 e il 1560.

Verso la fine del Cinquecento, e nonostante la forte opposizione dei buddhisti che premevano politicamente sull’imperatore, si potevano contare già duecento chiese, per un totale di 150.000 fedeli. Ma nel 1657, dopo un cambio di potere al vertice, iniziarono le prime misure repressive, e un doloroso cammino di sangue per i cristiani che intendevano restare tali: chi non abiurava, rischiava infatti di essere crocifisso, decapitato, immerso nell’acqua bollente, sottoposto a torture di ogni genere. Le vittime di questa crudele epurazione furono circa due migliaia.

Tre fattori, purtroppo, contribuirono all’acuirsi della crisi: oltre alle divisioni fra gli stessi predicatori (gesuiti, francescani, domenicani, agostiniani), pesò non poco la strategia gesuitica di evangelizzare le élite, per cui la permissione o proibizione del cristianesimo cominciò a dipendere dalle oscillazioni del potere, e infine l’intreccio fatale tra colonialismo e missioni. Nel quadro della concorrenza fra le potenze europee rivali, poi, non mancarono delazioni e false accuse. I protestanti olandesi, ad esempio, diffusero alcune lettere confezionate ad arte, nelle quali si diceva che i rivali spagnoli e portoghesi, ai cui traffici restavano legate le missioni cattoliche, si sarebbero apprestati ad azioni di conquista ai danni del Giappone. Il risultato fu una persecuzione violentissima, e la chiusura del Giappone alla penetrazione del cattolicesimo.

Alcune comunità di cristiani, tuttavia, sopravvissero in forma clandestina, soprattutto nell’area meridionale di Ikitsuki. Sulla storia nebulosa di queste comunità, sopravvissute fino all’Ottocento, è uscito ora un libro che varrebbe davvero la pena di leggere: Les chrétiens cachés du Japon. L’autrice è una giovane studiosa svizzera, Géraldine Antille. Il libro riporta la prima traduzione integrale (in francese) di un testo utilizzato da queste comunità, e trasmesso inizialmente in forma orale, di padre in figlio, per circa duecento anni: Gli inizi del cielo e della terra, una sorta di riscrittura della Bibbia dove la storia della salvezza, dal racconto della Genesi all’Apocalisse, è filtrata attraverso le categorie culturali del Giappone.

È una lettura stimolante da molti punti di vista, perché contribuisce a far luce non soltanto sulle trasformazioni subite da un cristianesimo costretto a sopravvivere in condizioni estreme, senza pastori né libri di testo, ma anche sulla storia della predicazione cattolica nell’estremo Oriente, parzialmente ricostruibile a partire dai dati conservati oralmente.